Disturbi dell’apprendimento: DSA


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Alla piccola Vania… perché non sempre è come sembra…

La dislessia, la disgrafia e la discalculia colpiscono il 4% della popolazione scolastica: circa 350000 alunni in età dell’obbligo.  Un dato, questo, importante anche per le conseguenze che genera sul comportamento e sulla personalità dei bambini che vengono colpiti da tali disturbi.
Studi recenti hanno dimostrato una correlazione tra le difficoltà di apprendimento, il disagio sociale, l’abbandono scolastico, il bullismo, abusi di sostanze alcoliche e stupefacenti e alcune manifestazioni di delinquenza in età giovanile.
Appare quindi necessario intervenire, quanto prima, per diagnosticare il disturbo ed elaborare opportuni correttivi.
La Consensus Conference, al  lavoro dal 2006, ha visto la partecipazione di 10 società scientifiche italiane tra cui l’Associazione Italiana Dislessia e la Associazione per la Ricerca e l’Intervento nella psicologia dell’Apprendimento ed ha elaborato il documento: “Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento“.
L’Ordine degli Psicologi ne ha preso atto, così come l’Istituto Superiore di Sanità,  specificando che il DSA è oggetto di interesse e competenza  dello psicologo.
Nasce spontanea una riflessione: se il DSA è così diffuso e può determinare conseguenze devastanti, come mai non viene preso in maggior considerazione?
Ricordiamo che per diagnosticare un DSA dobbiamo avere a che fare con un alunno normodotato che non “riesce” nel suo percorso di apprendimento e non tiene il passo con il gruppo classe.  L’alunno in questione svilupperà, a causa dell’insuccesso scolastico, vissuti emotivo-relazionali frustranti che lo porteranno a manifestare comportamenti più o meno problematici in proporzione a quanto la famiglia, la scuola avranno saputo intervenire in modo specifico e corretto sul bambino.
La Legge 8 ottobre 2010 n° 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” riconosce le difficoltà dei bambini con DSA, individua come vanno diagnosticati gli alunni, quali criteri seguire, e indica all’istituzione scolastica e sanitaria comportamenti e obblighi da seguire.
Nel luglio 2011 sono stati elaborati 2 documenti normativi:
-
indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei DSA (accordo stato-regione);
-linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA (MIUR).
Il primo documento dà indicazioni alle Regioni sui compiti dei servizi sanitari e sull’utilizzo di specialisti privati. La diagnosi, infatti può essere effettuata con il coinvolgimento di: Neuropsichiatra infantile, Psicologo, Logopedista.
Lo psicologo, per sua specifica competenza, elabora la diagnosi, fornisce consulenza e sostegno psicologico ( anche alla famiglia e alla scuola), infine, con la presa in carico del soggetto, elabora un piano di trattamento cognitivo-riabilitativo, valutando l’opportunità di collaborare con altri esperti.
Il secondo documento fornisce indicazioni ben dettagliate di tipo didattico-pedagogico per gli insegnanti.
Il 25 luglio 2012 c’è stata l’approvazione dell’ Accordo Stato-Regioni sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento e, in questa sede, si è ribadita l’importanza di attivare un percorso di potenziamento delle capacità di apprendimento dell’alunno  in difficoltà, prima di effettuare la diagnosi e l’eventuale iter riabilitativo.
Spesso, infatti, il DSA è confuso con altre situazioni di disagio legate a situazioni transitorie (assenze, problemi di relazione con insegnante e/o compagni, malattie, deficit sensoriali, svantaggio socio-culturale…), che non escludono la presa in carico, ma hanno modalità  di approccio diverse e non rientrano nella normativa specifica sopraccitata.
Come si afferma nella Consensus Conference “la principale caratteristica di definizione della categoria nosografica di DSA è quella della specificità  intesa come un disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo, ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Il principale criterio necessario per stabilire la diagnosi di DSA è quello della discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato e l’intelligenza generale che è adeguata all’età cronologica”.
La diagnosi terrà conto:
-degli strumenti standardizzati per valutare il profilo cognitivo;
-dell’esplorazione delle funzioni neuro-psicologiche sottese nei processi di apprendimento;
-della memoria di lavoro;
-delle capacità di attenzione e concentrazionedelle abilità visuo-spaziali;
della abilità nell’organizzazione temporale delle informazioni.
Per completare la valutazione è necessario comprendere  lo stato emotivo del bambino e l’influenza che esso ha nella formazione della personalità dell’alunno.
I DSA si generano e si correlano a disturbi del linguaggio: la componente fonologica sub-lessicale è coinvolta soprattutto nella letto-scrittura, per cui risulta necessario il trattamento logopedico nei primi anni della scuola primaria e comunque prima degli 8-9 anni.
In modo parallelo lo psicologo procederà al potenziamento cognitivo, analizzerà la sfera emotivo-relazionale elaborando i vissuti ansiogeni, in modo puntuale ed accurato, dando spazio anche al coinvolgimento familiare a cui fornirà supporto e sostegno.
Per quanto concerne le competenze matematiche, la cui padronanza è legata alle abilità visuo-spaziali  e dai domini specifici, l’alunno in difficoltà necessita di un investimento motivazionale e di opportune strategie di apprendimento.
I “non addetti ai lavori” tendono  a compensare le difficoltà dei DSA forzandoli ad impegnarsi ove non riescono, come fosse un problema di “cattiva volontà” e quindi da “punire”. Ciò comporta inevitabilmente reazioni negative e di resistenza al cambiamento da parte del bambino e spesso della famiglia.
Agire sul comportamento finale senza avere chiara la diagnosi e dunque concausa del  “problema” oltre a risultare  estremamente frustrante. E’ fondamentale  invece trovare le cause del disturbo , cercare di risolverlo e trovare il modo di rendere efficace il processo di apprendimento.
Dunque è stato dimostrato che, alla base dei disturbi in età evolutiva ci sono 3 elementi che devono svilupparsi e lavorare in modo sinergico: il sistema neurologico, bio-chimico e l’emotività.
La mente, la volontà la concentrazione e l’attenzione al compito possono migliorare e modificarsi se il sistema nervoso matura in modo efficace. Le reazioni bio-chimiche possono migliorare anche con una corretta alimentazione (omega 3, soprattutto). Studi recenti hanno dimostrato una correlazione tra certi alimenti che possono migliorare o peggiorare le reazioni immunitarie ed emotive.
Le emozioni, le relazioni significative fanno parte del nostro “essere al mondo”, sono le basi con cui costruiamo il nostro adattamento all’ambiente. Se il sistema adattivo trova ostacoli nella capacità di produrre risposte affettive ed emotive questo “malessere” si ripercuote e va ad interferire con il sistema corporeo e cognitivo.

 

 

  

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